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Biocemento: come costruire edifici in grado di autoripararsi.

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IL NUOVO BIOCEMENTO POTREBBE RAPPRESENTARE UNA RIVOLUZIONE NELLE SCIENZE DELLE COSTRUZIONI.

Edilizia e microbiologia, due mondi che i ricercatori della Technology University of Delft, in Olanda, sono riusciti a far incontrare. Un cemento in grado, non solo di riparare le microfratture che si formano in opere in muratura, ma di farlo in maniera autonoma e del tutto ecosostenibile. Magia? No, “soltanto” batteri. Continua a leggere se vuoi scoprire come funziona il biocemento.

Dalle fondamenta dell’edilizia moderna al biocemento

Non è difficile intuire, quanto a lungo nella storia dell’uomo, l’esigenza, di edificare costruzioni sempre più efficienti e durature, sia stata un punto chiave nel garantire il progresso tecnologico e sociale di interi popoli.

Gli antichi Romani rappresentano uno dei migliori esempi, veri e propri precursori della moderna architettura, su cui tuttora, poggiano le basi delle tecniche di costruzione più moderne.

Grazie allo sviluppo commerciale di Roma, all’intenso scambio di idee, di materiali e tecniche, in quell’epoca (I secolo a.C.), si ebbe una rivoluzione nella realizzazione di opere murarie.

Già in tempi più antichi, la malta di gesso e la calce viva (o calce aerea) furono utilizzate come legante nelle costruzioni. Questi composti portavano però ad un indurimento della struttura decisamente troppo lento, poiché il consolidamento di una malta a base di calce è dovuto alla reazione dell’idrossido di calcio con l’anidride carbonica presente nell’aria, con la successiva produzione di carbonato di calcio.

In seguito, come raccontato da Marco Vitruvio Pollione, si assistette ad una vera e propria rivoluzione nella realizzazione di opere murarie.

“Esiste una specie di polvere chiamata pozzolana che per natura possiede qualità straordinarie. Si trova nella Baia di Napoli e nelle terre circostanti il Vesuvio. Questa polvere, mescolata con calce e sabbia, rende la muratura talmente stabile che questa indurisce non solo negli edifici normali, ma anche sotto l’acqua”. (Marco Vitruvio Pollione, 29-23 a.c.)

Il merito dei Romani consistette nell’impiego razionale e costante della pozzolana, del tipo di quella esistente presso Pozzuoli (pulvis puteolana), in parziale sostituzione della sabbia normale. Essi si resero conto che, grazie alla combinazione della calce con la pozzolana, la malta diventava idraulica: era in grado, cioè, di indurire anche sotto acqua e di raggiungere una maggiore resistenza meccanica.

Molto interessante questo biocemento vero? Vuoi conoscere altre curiosità sui microrganismi? Clicca sui link Virus: scopri come sconfiggere l’antibiotico resistenza. e Cosa sono e come sfruttare gli organismi estremofili.

biocemento

Dopo la scoperta delle malte idrauliche a base di calce e pozzolana, iniziò l’uso della calce per produrre il cosiddetto calcestruzzo romano, mescolando calce, sabbia pozzolanica, acqua e rottami di mattoni o più frequentemente di pietra.

Strutture in calcestruzzo sono state ampiamente costruite nell’antichità e sono arrivate integre sino ai nostri tempi. Il calcestruzzo (denominato opus caementitium) era costituito da rottami di pietra o mattoni, mescolati con calce, acqua e pozzolana vulcanica o cocciopesto in sostituzione parziale o totale della comune sabbia fluviale.

Il calcestruzzo moderno, contrariamente a quanto si possa credere, non differisce molto da quello romano e rappresenta la base di una larghissima economia, importante a livello mondiale.

Il calcestruzzo, cos’è?

Facciamo un po’ di chiarezza: come possiamo definire il calcestruzzo moderno? Il calcestruzzo, è un materiale composito, costituito da acqua, aggregati, sabbia e cemento. Quest’ultimo, il cemento, è il materiale su cui i ricercatori della Technology University of Delft hanno focalizzato la loro attenzione, sino ad ideare un materiale in grado di risolvere in maniera originale uno dei principali problemi che affliggono le costruzioni in muratura: le microfratture.

Con il passare del tempo, il calcestruzzo può subire un progressivo indebolimento, causato dal suo normale deterioramento: l’esposizione ad agenti atmosferici, le variazioni di temperatura, acqua, agenti chimici e biologici portano ad un peggioramento del calcestruzzo stesso, riducendo in questo modo la resistenza di una struttura ed aumentando i costi di manutenzione e riparazione.

In particolar modo, in condizioni di elevata umidità, le microfratture portano ad un ingresso di acqua, decisamente dannosa nello specifico per armature interne in acciaio, le quali corrodendosi riducono la stabilità di una struttura.

Batteri abili ingegneri.

La tecnologia sviluppata da Henk Jonkers, microbiologo presso l’Università Tecnica di Delft, permette al calcestruzzo di riparare le microfratture in maniera del tutto autonoma e senza l’intervento dell’uomo.

La “magia” avviene grazie ad un cemento nella cui miscela sono presenti batteri endolitici, in altre parole, batteri che possono crescere all’interno di materiali rocciosi ed alcalini, e quindi anche all’interno di strutture in muratura.

Questi batteri possiedono l’incredibile capacità di rimanere del tutto intatti durante la miscelazione, e di restare latenti all’interno del calcestruzzo stesso, fino a che non si formeranno fessure o rotture da crepe, favorendo l’infiltrazione di acqua.

I batteri appartengo al genere Bacillus (Bacillus pseudofirmus e Bacillus cohnii) ed hanno le caratteristiche adatte a sopravvivere in un ambiente così ostile. Le loro spore li rendono resistenti e possono sopravvivere per decenni in una sorta di “sonno”, senza che sia necessario fornir loro cibo o ossigeno.

L’acqua, una volta entrata nelle fessure, riporta in vita i batteri che nutrendosi di lattato si moltiplicano ed iniziano a produrre carbonato di calcio (calcare), il quale sigilla le microfratture in poche settimane.

Una volta riparata la fessura, umidità, acqua ed agenti chimici non potranno danneggiare ulteriormente il calcestruzzo, soluzione che ad esempio può essere sfruttata in ambienti molto umidi come parcheggi sotterranei, cantine, garage e fondamenta.

Immaginate di essere i nostri simpatici batteri di cui abbiamo appena parlato. Con una secchiata d’acqua siete stati svegliati da un lungo sonno, durato magari anni o decenni, ed avrete sicuramente fame, ma, cosa scegliereste per colazione?

biocemento

Prima di svelarti i più intimi segreti del biocemento, voglio chiederti un favore. Scrivere ed editare questo post ha richiesto parecchi giorni di lavoro. Dona un +1 al team Biochroniclesper te sarà un operazione semplicissima, ma per noi sarà fonte di grande soddisfazione.

I ricercatori olandesi non hanno lasciato nulla al caso, e tra i possibili nutrimenti è stato osservato come il lattato di calcio risulti il migliore, perché può essere facilmente convertito dal metabolismo del microrganismo in carbonato di calcio, prodotto necessario per sigillare le fessure.

Di seguito è possibile osservare la formula chimica del substrato e del prodotto, così come la semplice reazione di conversione del lattato di calcio, sotto forma di sale, in carbonato di calcio.

Ca(C3H5O3)2 + 6 O→ CaCO3 + 5 CO2 + 5 H2O

Tra i sottoprodotti della reazione è presente anidride carbonica, CO2, la quale può a sua volta reagire con un altro composto chimico, normalmente presente nella miscela di calcestruzzo: il Ca(OH)2 o idrossido di calcio (noto anche come calce spenta). Questa reazione porta alla formazione di nuovo carbonato di calcio, aiutando la riparazione delle microfratture.

Uno dei positivi effetti collaterali della reazione? I batteri consumano ossigeno, prevenendo la corrosione dei rinforzi interni.

Basandosi su queste osservazioni, Jonkers ed il suo team di ricerca, hanno sviluppano tre diverse miscele: calcestruzzo autoriparante, una malta sigillante e un sistema di riparazione liquido. Con il calcestruzzo autoriparante, i batteri sono miscelati al cemento durante la costruzione, mentre la malta sigillante ed il sistema liquido possono essere applicati su un danno in opere murarie preesistenti.

Tra le tre le metodiche, la più promettente ed intrigante è senza dubbio il calcestruzzo autoriparante (comunemente denominato biocemento), il quale è stato testato in strutture di nuova edificazione a Breda, in Olanda, ottenendo degli ottimi risultati sia funzionali che strutturali.

Biocemento: una soluzione davvero valida?

Le potenzialità di questa tecnologia, ovviamente posta sotto brevetto (European Patent Office, 2009), sono enormi, e così come fu la pozzolana per gli antichi romani, il biocemento potrebbe portare ad una rivoluzione nel mondo dell’edilizia. Il 70% delle infrastrutture in Europa, infatti, è costruita in calcestruzzo, e le opere manutentive sono un affare estremamente costoso.

HealCON, un progetto finanziato dall’Unione Europea, ha stimato che i costi manutentivi annuali per ponti, tunnel ed opere murarie nei paesi dell’UE, si aggirano intorno ai 6 milardi di euro (HealCON, 2015). L’altro volto della medaglia rivela che tra il 7 e 12% dell’emissione annuale di CO2 è correlata alla produzione di materiali da costruzione.

biocemento

Con costi di manutenzione significativamente più bassi nel corso della vita di un edificio, e un deciso abbattimento delle emissioni di CO2, questo investimento di poco superiore alla media, sarebbe comunque ripagato in termini di qualità ed efficienza.

Il biocemento messo a punto da Jonkers,  dovrebbe essere lanciato sul mercato proprio nel 2015. L’ostacolo principale da superare resta comunque il costo dei materiali. Difatti larga parte del costo è connesso al lattato di calcio usato come nutriente per i batteri.

Jonkers ed il suo team stanno indirizzando il loro lavoro verso l’uso di un nutriente molto simile, che potrebbe ridurre i costi sino a raggiungere valori analoghi al calcestruzzo tradizionale (tra € 85/m3 e € 100/m3), rendendo questo nuovo biomateriale un’alternativa ecosostenibile ed economicamente vantaggiosa.

Se Jonkers ed il suo team riusciranno a superare quest’ultimo ostacolo, il biocemento rappresenterà il materiale edile del futuro, ed i batteri potranno essere paragonati a sornioni guardiani di ponti, strade, gallerie e ad altre infrastrutture per davvero molto tempo.

BIBLIOGRAFIA

 

A cura di Federico De Marco. Revisionato da Giulio Libertini.

Il post Biocemento: come costruire edifici in grado di autoripararsi. è apparso su Biochronicles.


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